Cogito (sul numero 43 di “Poeti e poesia”, rivista su abbonamento)

Io non credo di esser stato
sempre lo stesso, tutt’altro,
e lo sento quando mi volgo
a guardarmi nel passato,

e nulla vedo, neppure un volto,
perché i primi a non conoscere
se stessi siamo noi, anche quando
pensiamo, vogliamo pensare,

il contrario. Eppure io afferrare
il bambino che ero non posso,
e quando ne vedo uno rimango
colpito, estasiato, da quanto vero

egli sembri a me, molto più vero
di quanto io sia stato. E allora capisco
che niente si salva, se non una sensazione
fugace legata al presente, del nostro passato.

E mi sento travolto dall’idea che nulla sono,
perché nulla di me è rimasto. E della vita
ormai padrone è, fuggente, l’attimo.

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