Io non credo di esser stato
sempre lo stesso, tutt’altro,
e lo sento quando mi volgo
a guardarmi nel passato,
e nulla vedo, neppure un volto,
perché i primi a non conoscere
se stessi siamo noi, anche quando
pensiamo, vogliamo pensare,
il contrario. Eppure io afferrare
il bambino che ero non posso,
e quando ne vedo uno rimango
colpito, estasiato, da quanto vero
egli sembri a me, molto più vero
di quanto io sia stato. E allora capisco
che niente si salva, se non una sensazione
fugace legata al presente, del nostro passato.
E mi sento travolto dall’idea che nulla sono,
perché nulla di me è rimasto. E della vita
ormai padrone è, fuggente, l’attimo.