Mia poesia d’esordio, “Gemelli” (sul numero 42 di “Poeti e poesia”, rivista su abbonamento)

 
Gemelli
 
Mai mi sarei messo a scrivere poesia
dopo aver letto che immaturo sembra
chi invece del caminetto usa la penna
e vuole imitare senza scrupolo lo slancio
di chi, a differenza sua, pare ispirato.
 
Mai mi sarei messo a scrivere poesia
senza ridere con altri e con me stesso
di tale inaudito, inopinato appuntamento
con quella parte del mio spirito che gioca
con le parole, che gioca col sentimento.
 
Mai mi sarei messo a scrivere poesia
senza provare almeno a fare questo,
a guardarmi dentro, e capire un po’ da solo,
un po’ col mondo esterno, che almeno una regola
devo seguire io povero bambino, e lei mia maestra.
 
Mai mi sarei accorto quanto essa fosse
sobria, e forte e modesta, e di coraggio
piena come la vita a cui si ispira, e il cui
successo è inciso non già in un sacro testo,
bensì in una vasta pagina bianca, in attesa
 
di un pensiero che abbia un senso,
di un pensiero che abbia un peso,
e non solo agli occhi di chi scrive,
ma, lasciatemi dire, di chiunque altro davvero,
di un pensiero capace di stare davanti
 
alle parole, e non dietro, come un condottiero
alle spalle delle sue truppe, dei suoi fanti,
di un pensiero insomma che sia onesto,
di un pensiero che abbia dentro dei fantasmi,
di un pensiero che sia finalmente questo:
 
un pensiero senza pose, senza presunzione
un pensiero nobile e degno, un pensiero bello,
l’unico pensiero che amo come un amico vero,
un pensiero che è nato con me, col mio cervello,
il mio pensiero, il mio gemello.

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