W i gilet gialli! Abbasso l’Europa ipocrita!

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Io sono per i gilet gialli.
Sono cioè per chi, anche con comportamenti talvolta sopra le righe, dice basta alle elite rapaci del proprio paese.
Vediamo di cosa stiamo parlando, infatti.
Che cosa è la Francia oggi?
Un potenza imperialista che sfrutta ogni occasione, compresa l’Unione europea, per riprendersi il suo posto al sole. Questo è la Francia. Del resto, questo è quanto ha detto il signor Macron in persona: che vuole che la Francia torni ad essere una superpotenza. Bene, il ritorno a una situazione del genere non è negli interessi dell’Italia. La Francia ha sempre guardato con benevola (e rapace) superiorità alla Penisola, soprattutto quando era spezzettata in cento staterelli. Per permetterle di diventare una nazione unita in chiave antiaustriaca – non ce lo dimentichiamo mai – ha preteso parti consistenti del nostro territorio (Nizza e Savoia). Oggi che le armi in Europa occidentale sono passate di moda (ma solo per il momento), desidera fette significative della nostra economia.
E noi gliele diamo, fessi che siamo.
Peccato che quando si tratta di mollare l’osso, di vendere aziende veramente interessanti agli stranieri, la Francia non ci stia: “E no, questa azienda rappresenta un soggetto vitale per la sicurezza nazionale”, dice. Si pensi ad esempio ai cantieri Saint Nazaire, e al fatto che quanto era stato concesso ai sudcoreani non è più stato concesso – stranamente? – agli italiani. Che io sappia, infatti, oggi la Francia è in lotta (con la Germania) contro l’Italia per quella complicata pratica (complice il famigerato Patto di Aquisgrana?).
Noi per caso abbiamo pratiche aperte sulla (s)vendita di Parmalat a Lactalis? O una “pratica Gucci”? Non mi pare. Mi pare invece che non abbiamo, noi italiani, un’idea chiara sulla strategia neoimperialista della cara Francia, strategia innanzitutto ai danni degli altri partner europei, e poi del resto del mondo, a partire dall’Africa.
Se ne sono accorti i gilet gialli, che al banchetto delle elite francesi non sono chiamati a partecipare. Perché – attenzione – è delle elite francesi di cui qui si sta parlando. Quelle che si formano nelle scuole dell’amministrazione pubblica francese di origine militare, che dello spirito militare hanno mantenuto il piglio.
La Francia – e arriviamo al punto – è ancora una potenza imperialista che sfrutta l’Africa contro gli interessi degli africani. Punto. Tutto il resto è chiacchiera. E non si sta parlando solo di franco cfa, si badi bene, bensì di relazioni con debolissimi stati africani – che debolissimi devono rimanere – a cui Parigi vuole strappare enormi risorse per la sua economia nazionale. Quando alcuni di tali paesi si sono ribellati, la Francia è intervenuta con energia, anche militarmente. I politici africani che sostengono gli attuali rapporti dei loro paesi con la Francia lo fanno o per interesse personale (magari perché collocati al potere dopo una finta guerra civile orchestrata da Parigi), o per stupidità. Portarli come esempio per dimostrare un mancato sfruttamento dell’Africa da parte dei nostri cugini denota o malafede o incapacità di farsi un quadro serio della situazione.
Anche di recente, Cottarelli ha scritto sul franco cfa per escludere che vi sia uno sfruttamento in corso da parte della Francia: purtroppo, Cottarelli non ha colto il punto della questione, e questo mi spinge subito a pensare che stavamo per trovarcelo come Primo Ministro, ahimè! Sarebbero questi i nostri campioni nazionali nella concorrenza senza esclusione di colpi con Parigi? Perché – non dimentichiamocelo mai – finché la Francia starà come sta in Africa rimarrà un paese con dei vantaggi osceni nella concorrenza con gli altri stati, partner europei in primis: rimarrà un paese al quale, secondo me, si dovrebbe togliere la possibilità di far shopping in Italia, almeno sino a quando non si sia chiarita la fonte di gran parte delle sue risorse, quelle con le quali compra le aziende degli altri (senza per questo, ripeto, permettere il contrario).
Fortuna, ripeto, che ci sono i gilet gialli, i quali stanno capendo che una simile strategia per tornare una superpotenza – è da anni che la Francia, in effetti, cresce più della Germania – sta passando sopra la loro testa. Perché le elite francesi non sono diverse dalle altre. Sfruttano le ex colonie come non mai, ma sfruttano anche i lavoratori francesi, sempre in chiave egemonica. I poveri dei paesi imperialisti hanno sempre fatto comodo, lo sappiamo. Innanzitutto per riempire di straccioni i ranghi di eserciti chiamati a conquistare territori stranieri pensati come valvola di sfogo per dei giovani disoccupati a cui far fare finalmente qualcosa, ma anche per la popolazione povera che, nel passato, soldato non era e che stava, però, al seguito dell’esercito in giro per il mondo, o che comunque lo seguiva a ruota, e che a propria volta aveva bisogno di un pezzo di terra da coltivare. E poi hanno sempre fatto comodo, i poveri di cui si parlava, anche ai nostri giorni, come forza lavoro da sfruttare in generale, innanzitutto nella lotta contro i concorrenti diretti dell’Europa.
La Francia ha ben chiaro cosa vuole diventare, ripeto: una superpotenza. Sta provandoci sulla pelle degli italiani innanzitutto (dopo quella degli africani, naturalmente), a cui sta togliendo brani di carne viva per impedire di rimanere la concorrente numero uno della Francia nel continente in molti settori: in quello della moda, ad esempio, o dell’alimentare. E noi glielo abbiamo permesso, idioti che non siamo altro! Glielo abbiamo permesso perché non abbiamo nessuna strategia industriale precisa, e questo perché, purtroppo, il nostro Stato è debole. La Francia sa dove vuole arrivare, e a seconda del Presidente in carica, sostenuto dall’agguerritissimo apparato amministrativo di cui si parlava, può decidere di volta in volta di pigiare o meno l’acceleratore anche ai danni dei partner europei. Hollande, ad esempio, mi sembrava meno sfacciato di questo signor Macron, politico imperialista senza vergogna anche ai danni degli altri europei: un vero sovranista, lui, al cui confronto Salvini e Meloni impallidiscono. Questa è l’ipocrisia della politica, europea in primis.
L’ipocrisia per cui si mescolino le carte sino alla confusione più completa. Eppure la Francia le idee chiare le ha da sempre, e con questo Presidente in maniera particolare.
Ce l’abbiamo noi?
Certamente no. Certamente no sino a quando non capiremo che, per rimanere una grande potenza industriale, dobbiamo comportarci di conseguenza, ed evitare di (s)vendere i gioielli di famiglia come se niente fosse. Come se il mercato fosse davvero la panacea di tutti i mali. La Francia non lo crede, se questo significa mettersi in mezzo quando esso, il mercato voglio dire, chiama, quando chiede, tramite alcune aziende straniere, di poter comprare questa o quella società transalpina. Perché per l’Italia dovrebbe essere diverso? Innanzitutto perché – ripeto – l’Italia non ha uno Stato forte che può prendere decisioni strategiche. Non ha una cabina di regia che rimanga sempre, al di là dei passaggi dei vari Governi. Una cabina che permetterebbe di trovare anche, nel caso ce ne fosse bisogno, dei responsabili per gli errori più madornali (come la crescita esponenziale del debito pubblico negli Anni Ottanta, ad esempio). L’Italia è un sistema pensato per non farle cadere su nessuno, simili responsabilità. Eppure uno Stato più forte farebbe bene all’economia, anche in chiave strategica, e non solo in un contesto europeo, come sta accadendo già oggi; no, anche in un contesto diverso, in uno asiatico ad esempio: molti non sanno che alcuni dei colossi industriali della Corea del Sud sono nati sulla base di progetti a tavolino dello Stato.
Eppure l’Italia una cabina di regia non la vuole avere. Preferisce appiattire ogni cosa sul versante dei partiti e delle loro decisioni, sulla loro invadenza oligarchica, sull’ebbrezza che essa comporta. E intanto il Paese si impoverisce, a causa di questa egemonia dei partiti e dei sindacati italiani, spesso scandalosi, spesso inutilmente chiamati a prendersi le proprie passate e presenti responsabilità. E nel frattempo gli altri ci fanno a brani.
Fortuna, ripeto, che ci sono i gilet gialli.
Loro sì che hanno le idee chiare. Loro non fanno parte delle elite, e lo sanno bene. L’Italia non fa più parte della elite dei paesi europei ma non se ne è ancora accorta, ovviamente. Intanto lascia che un gruppo franco (ma guarda!) indiano prenda di mira una grande azienda strategica italiana per impedire – questo è il forte sospetto di alcuni – che altri se ne impossessino, e poi si vedrà: se il mercato andrà bene, si potrà sfruttarla, altrimenti si sarà sottratto alla concorrenza un boccone prelibato, e messa l’Italia nelle condizioni di perdere definitivamente il posto di seconda (reale) potenza industriale europea, considerato cosa l’ex Ilva è per il nostro sviluppatissimo ed invidiato, soprattutto al di là delle Alpi, settore metalmeccanico.
Ma intanto l’oligarchia partitica italiana dormiva e dorme (uh, come dorme!), e non ha mai voluto condividere le decisioni con la cabina di regia di un’amministrazione pubblica davvero coinvolta nelle questioni cruciali del Paese (in maniera costruttiva e positiva, voglio dire: che in maniera negativa la fragile amministrazione pubblica italiana è coinvolta eccome, purtroppo). L’Italia che negli anni Novanta aveva il secondo pil europeo, oggi è stata quasi doppiata dalla Germania e superata abbondantemente dalla Francia. Di chi sono queste responsabilità? Di chi? Di chi sono quelle del debito pubblico che da solo è una delle cause principali del mancato sviluppo del nostro Paese? E’ troppo facile additarsi l’un l’altro, qui è tutto un sistema che non va. Un sistema politico che vuole comandare su tutto, e non c’è maniera di farlo cambiare, con la conseguenza di comandare esso male, senza risultato. E intanto la barca affonda (ma l’orchestra della politica può suonare sino all’ultimo). Basti pensare al caso della Rai, una cartina di tornasole del mio discorso. C’è chi ha invocato, anche di recente, un’indipendenza dai partiti. La risposta di questi ultimi sarà l’ennesimo banco di prova per capire se la politica italiana ha capito qualcosa oppure no del disastro che ci portiamo dietro da circa venti anni, e delle sue gravissime responsabilità.
Ma intanto, mentre l’Italia e gli italiani continuano a rimanere confusi, senza una strategia che ci permetta di evitare di essere divorati vivi dal resto d’Europa con la nostra abituale compiacenza e superficialità, sbranati da sovranisti ben più seri di Salvini, sovranisti come francesi, tedeschi e olandesi in primis (si pensi ad esempio al regime fiscale dei Paesi Bassi, che ci sottrae grandi soggetti nazionali che dovrebbero pagare le tasse da noi), mentre succede  tutto questo, dicevo, fortuna che ci sono i gilet gialli.
Perché i francesi sanno cosa significa fare le rivoluzioni, anche se sono invischiati in un sistema profondamente ipocrita. Questo è il rischio dei gilet gialli, di essere prima o poi inglobati pure loro nel sistema “macina tutto” della Francia e della sua “grandeur”: la quale comunque viene trasmessa anche all’ultimo dei francesi, sia chiaro, e questo dalla nascita, e lui la segue, tale fantomatica grandeur, sino a quando non si rende conto che però non vede  quale giovamento essa porti nella sua vita pratica. Perché è questo il punto per lui: la Francia depreda mezza Africa ed io, francese di serie B – così ragiona lui -,  non ricevo neppure un brandello di una simile, gigantesca ricchezza (circa 500 miliardi di dollari all’anno, parrebbe)? Meglio allora dichiararsi ipocritamente fratelli degli africani piuttosto che della elite francese, se questa non vuole esserlo (mio fratello o sorella).
Tipica ipocrisia transalpina, appunto. Ed io, tra parentesi, mi chiedo: la Francia vive grandi tensioni sociali oggi che è più ricca dei suoi meriti: ma quando non lo sarà più, quando l’Africa si sarà stancata di essere sfruttata che succederà? Parigi ha azzoppato, se non distrutto, i paesi che si ribellavano (si pensi alla Guinea, al Biafra, al Ruanda, al Togo, alla Costa d’Avorio, e così via): ma quando non potrà più farlo? Quando dietro agli africani si porranno saldamente i cinesi, ad esempio? Per il momento francesi e cinesi fanno affari. Anche perché la questione africana è delicata, e se dietro agli africani ci stanno i cinesi, dietro ai francesi ci stanno i soliti, spesso indecenti, governi americani (come nel particolarissimo caso libico grazie alla sfacciatissima signora Clinton, che sarebbe da portare di fronte ad un tribunale internazionale, io credo, e non solo per la guerra a Gheddafi). Ma poi?
Intanto a stare dove non devono ci sono i gilet gialli quando calano su Parigi come dei barbari, in effetti. Viva i gilet gialli allora, Viva la loro ipocrisia, Viva la Francia e l’Unione europea che le permette di fare tutto quello che vuole.
Infatti, non potrò mai dimenticare come reagirono le elite europee del parlamento dell’Unione di fronte allo scontro tra Roma e Parigi per i gilet gialli di qualche tempo fa (e per la questione del franco cfa, aggiungerei). L’affrontarono non avendo davanti il quadro preciso della situazione, proprio per niente, tanto da fare gli elogi della Francia, povera vittima, ma anche dell’Italia, che si voleva recuperare alla ragione nell’interesse generale dell’Europa.
E’ questa l’Europa che vogliamo? Un’Europa ipocrita e sciocca? No grazie, possiamo anche farne a  meno, io credo.
Viva la Francia allora, e Viva l’Europa! Viva i gilet gialli! Viva il solito Occidente contraddittorio e ipocrita!

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