
L’esercito russo intanto continuava la sua avanzata a Sud. Secondo gli esperti difettava di accessi validi alla tecnologia cyber e a quelle spaziali, dove dei satelliti studiati ad hoc avrebbero potuto essere determinanti nella raccolta e nella gestione delle informazioni. Era tutto il coordinamento delle forze russe a difettare, e non era un caso che Putin avesse mandato al fronte per riorganizzarlo il Capo di Stato maggiore, generale Gerasimov. Nel frattempo era stato lanciato in fretta e furia un satellite militare. Mosca si era sottratta alla collaborazione spaziale con gli occidentali per voce del capo dell’agenzia russa, ma questa era la logica conseguenza non solo della guerra ma di una carenza di rapporti tra Occidente e Russia almeno decennale, e ancora maggiore di quella risalente alla Guerra fredda. Putin non condivideva nulla dell’Occidente da un punto di vista politico, lo odiava e ne aveva paura, e estendeva un odio del genere a chi lo costringeva a farci i conti. L’Ucraina fu responsabile anche di questo ai suoi occhi. Il Presidente russo sembrava legato ad un passato mitico che forse intendeva far rinascere anche sul campo di battaglia, dove si aspettava che l’esercito potesse combattere come si faceva negli Anni Ottanta o Novanta. Gli stessi americani non avrebbero potuto ripetere le vittorie di quel periodo se le avessero perseguite allo stesso modo di allora. Ed erano gli americani, le cui forze armate potevano vantare un budget venti volte superiore a quello russo. Una differenza che saltava all’occhio non solo nelle diverse capacità logistiche delle due armate, ma anche nella capacità di innovare le componenti più grandi e costose, come gli aerei e soprattutto le navi, per non parlare dei missili terra aria. Del resto, la più recente tecnologia militare si era sviluppata al punto da rendere obsolete armi come i carri armati o gli stessi elicotteri se poco protetti da un punto di vista elettronico. In effetti, si era assistito alla perdita di una quantità enorme di blindati russi, che però, purtroppo, comportava anche la morte, spesso atroce, dell’equipaggio. E mentre i ragazzi morivano tra le lamiere infuocate dei carri armati, i quarantenni se la spassavano a Mosca, col cinismo di cui si è parlato.
Di Putin si diceva che non avesse emozioni. Era stato Biden a ipotizzarlo davanti al diretto interessato, la cui risposta ho riportato. Probabilmente non era colpito dalle sofferenze di tanti ventenni. Per alcuni Putin stava male, soffriva di cancro o di una demenza al primo grado, e aveva fretta di realizzare un vecchio sogno di grandezza. Per altri la morte di tanti giovani gli serviva per rinforzare la sua energia vitale. Ma erano tutte ipotesi lontane dall’essere dimostrate, soprattutto la seconda, e comunque l’una non escludeva l’altra. Di sicuro Putin aveva sottostimato la resistenza ucraina, e non già perché sopravvalutasse la potenza delle forze armate russe, il cui stato mediocre conosceva benissimo dato che ne era il primo responsabile, ma perché era consapevole che senza l’aiuto massiccio dell’Occidente il modesto esercito di Kiev sarebbe stato sapraffatto facilmente da un’armata molto più grande. Era la reazione dell’Occidente che lo aveva spiazzato. E lo addolorava moltissimo pensare che la sua immagine di politico vincente agli occhi di molti europei e americani fosse stata appannata da un’invasione lenta e piena di perdite. Da qui la richiesta ai suoi militari di fare di tutto per cambiare le cose. Secondo i servizi britannici le congetture che si sentivano nelle tv occidentali, a partire dai talk show italiani, erano del tutto sbagliate. Per Max Innaro, ad esempio, corrispondente da Mosca della Rai, la Russia stava usando solo il dieci per cento delle sue forze; secondo gli 007 di Londra, invece, circa il sessanta, di cui un quarto era già stato messo fuori combattimento. Ed insomma, l’azione militare russa si era rivelata un disastro a causa della tenacia ucraina e della superiorità della tecnologia occidentale in ambiti particolarmente cruciali come quello dei missili.
Sembrava proprio che la vera armata di Putin stesse negli studi televisivi. Secondo i combattivi conduttori sul libro paga del Cremlino era meglio che i britannici non facessero troppo i brillanti. La Russia era fornita di missili nucleari di una potenza tale che, se fatti esplodere non lontano dalle coste della Gran Bretagna, avrebbero creato uno tsunami capace di sommergere l’isola, rendendola inabitabile per lungo tempo a causa delle radiazioni. Era come se le frustrazioni sul campo di battaglia istigassero reazioni isteriche.Il punto vero era che se le super potenze nucleari potevano usare le armi convenzionali, sapevano che un discorso diverso andava fatto per quelle atomiche. La Russia, al contrario dell’America, presentava la curiosa asimmetria di essere davvero una super potenza atomica, ma di non esserlo sul piano delle truppe di terra. Ovviamente questo poteva gettare dubbi sulla capacità di Mosca di mantenere una certa efficienza anche nel campo atomico, ma nessuno aveva davvero intenzione di metterla alla prova. Ed era per tale motivo che nessun paese occidentale, almeno sino a quel momento, aveva osato mandare truppe regolari sul terreno, anche se avrebbero sicuramente dato lustro alle proprie forze armate, che era poi il punto da evitare per non umiliare ulteriormente Mosca spingendola ad azioni inconsulte. Perché il vero pericolo per l’Occidente, prima ancora delle bombe atomiche, era lo straripante, e spesso mal riposto, orgoglio russo
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