L’Italia e lo sviluppo del Sud

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Secondo alcuni osservatori, i costumi della gente sono fondamentali per lo sviluppo di un Paese. Prendiamo ad esempio quello economico.
L’abitudine britannica di rendere il figlio maggiore unico erede ebbe un duplice risultato: quello di permettere la concentrazione di vasti terreni nelle mani di un solo latifondista e, soprattutto, quello di costringere i figli cadetti a darsi da fare utilizzando una formazione di buon livello che comunque avevano ricevuto, non potendo puntare sui soldi di famiglia.
Un costume del genere affinò le doti imprenditoriali di un vasto numero di persone, e non furono pochi i casi in cui i fratelli minori divennero più ricchi di coloro che avevano ereditato. Un simile fenomeno fu alla base dello sviluppo della rivoluzione industriale in Inghilterra: naturalmente, venne criticato da alcuni osservatori stranieri dell’epoca perché apparentemente fondato su una concezione debole dei legami familiari. Altri invece ne diedero un’interpretazione più favorevole, dopotutto la famiglia spronava gli individui più giovani a mostrare il proprio valore.
Secondo molti commentatori, poi, la pratica di numerosi popoli extraeuropei di concepire la famiglia in senso ampio non fu d’aiuto. Troppe volte il capofamiglia doveva occuparsi di parenti di terzo o quarto grado, e in tal modo non ne favoriva di certo l’iniziativa. Il grande politico africano Kwame Nkrumah scrive che proprio una simile usanza africana è alla base della scarsa propensione al rischio e alla libera impresa delle genti del continente.
Fatte queste debite premesse, torno a casa nostra, come si suol dire, e mi domando: ma la famiglia italiana che ruolo ha svolto e svolge nella Penisola e nel suo sviluppo?
Premesso che non credo in una natura statica dei corpi sociali, e che immagino variabile anche la funzione che la famiglia ha giocato nel corso della storia, complice il fatto che non è rimasta sempre uguale, mi chiedo se tale funzione, nell’Italia contemporanea, sia stata studiata con la giusta attenzione. Immagino di sì, ma non è quanto esce fuori dai giornali. Troppo spesso, infatti, si parla della famiglia italiana in termini laudativi, e comunque positivi, sottolineandone la funzione sociale in tempi di crisi. E’ grazie alla famiglia, insomma, che molte persone disoccupate hanno comunque un pasto assicurato. E’ proprio così? E se invece la famiglia togliesse da una parte ciò che sembra offrire dall’altra? Secondo me la questione si può affrontare a diversi livelli.
Uno è quello per cui la famiglia italiana non guarda in faccia a nessuno quando si tratta di sostenere un proprio membro, e ciò costituisce  un errore. La famiglia, infatti, mi sembra la tomba della meritocrazia sociale.
Ed è proprio perché è tale che il Sud, il quale intende la società come rete di relazioni con al centro la famiglia, costituisce una zona arretrata rispetto al Nord, dove un culto del genere è meno forte.
Mi chiedo poi se la televisione, come ha alfabetizzato gli italiani un tempo, non possa giocare un ruolo fondamentale anche oggigiorno, spingendoli a sviluppare l’iniziativa personale, e una cultura lavorativa individuale degna di questo nome (ciò dopo aver contribuito a fornire da decenni la cosiddetta istruzione obbligatoria, a partire da quella della lingua italiana).
Mi chiedo, infine, quanto la religione cattolica, così diffusa coi suoi modelli in Italia, abbia giocato un ruolo nel modo in cui il nostro paese si è sviluppato, e se si possa fare un confronto con le altre confessioni religiose, a partire da quelle protestanti per finire con quella musulmana, che oggi tanto ci interessa.
Si tratta di problemi complessi, anche considerato che, a dispetto dall’appartenenza religiosa, sembra che gli stranieri regolari nella penisola siano più intraprendenti degli italiani a causa del modo, e dei motivi, per cui vivono qui.
Non sono un sociologo, ma mi sembrano temi interessanti sia per il rilancio dell’Italia sia per una comprensione dei suoi abitanti, le diverse condizioni dei quali possono aiutare a capire A) il modo migliore per sostenere la crescita del nostro paese, e B) quanto essi siano disposti a fare contro modelli sociali e culturali perdenti.
Un punto è certo però: che la famiglia meridionale sia diversa da quella del Nord, e che ciò possa spiegare almeno in parte differenze macroscopiche a livello regionale che, lungi dall’essere antropologiche, sono storiche, e soprattutto sociali.

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