
La questione del vaccino per me è molto semplice.
L’Italia è il paese che è stato colpito più duramente all’inizio, tra le democrazie. Alcuni dicevano che il fenomeno italiano non si sarebbe ripetuto altrove, che l’Italia era fatta di vecchi (Bolsonaro) o che non era abbastanza grande e organizzata per affrontare la crisi con efficacia (Trump): l’unico a mettere sul chi va là il mondo intero, tra i partner più importanti, fu Boris Johnson, che elogiò la sanità del nostro paese, che diceva di conoscere bene, e che quindi non si aspettava rose e fiori per il Regno Unito, tutt’altro, se il virus lo avesse raggiunto.
Poi sappiamo come sono andate le cose, che cioè proprio Stati Uniti e Brasile sono stati duramente, anzi direi incredibilmente colpiti, e che nonostante o appunto per questo i loro presidenti hanno cercato in tutti i modi, quasi disperatamente (e cocciutamente) di minimizzare le misure di contenimento che potevano far saltare l’economia, puntando solo sui vaccini.L’Italia si è ripresa prima di altri, è arrivato il turno di Draghi a Palazzo Chigi e del generale Figliuolo al coordinamento dell’emergenza, e le cose sono sembrate piano piano migliorare. Occorre precisare che l’Italia è stato uno dei paesi più colpiti dal covid sul piano economico, e che per questo gli è stato concesso un aiuto finanziario massiccio dall’Europa, considerata la sua importanza per la tenuta dell’unione continentale nel suo insieme. Ha dovuto fare più debito pubblico di quanto le sarebbe stato concesso normalmente ma per fortuna sta anche crescendo più delle aspettative. Si tratta di un delicato equilibrio che sarebbe opportuno non far saltare, quello del rapporto tra crescita del debito pubblico e crescita economica proprio in funzione di arrivare ad un punto in cui il primo non aumenti più e l’Italia possa finalmente, e una volta per tutte, mettere in sicurezza le proprie finanze.
Perché forse è proprio questo che rende particolarissima la posizione dell’Italia: e cioè non solo il colpo iniziale ed improvviso ricevuto dal virus, ma anche la sua capacità di ripresa con la venuta di Draghi, e soprattutto la sua necessità che tale ripresa non sia sporadica, bensì capace di tenere testa ad un debito pubblico che così grande lo abbiamo solo noi, in proporzione al pil. Non ce l’hanno né la Germania, né la Francia né tanto meno il Regno Unito o gli Stati Uniti (il Giappone sì, ma è un’altra storia). L’Italia, insomma, è sul filo del rasoio, non può scherzare col fuoco, e sebbene tale discorso valga per tutti, per il nostro paese vale a maggior ragione. Per cui hai voglia a dire che nel Regno Unito i cosiddetti no vax sono più tollerati che da noi, e così via: posto che sia vero, il Regno Unito, ripeto, gode di una situazione di finanza pubblica molto più solida. Ed insomma, quel paese ha ancora dei margini per sopportare altri lockdown, noi no.
Del resto sostenere che in nome dell’economia l’Italia sta togliendo libertà mi sembra una sciocchezza. Esiste anche una gerarchia tra le libertà, e quella non solo di infettare, ma anche di ammalarsi non è tra le più accettabili, diciamo così. Perché chi non si vaccina non solo si ammala di più e può contagiare di più, soprattutto tra i non vaccinati come lui: ma ammalandosi può mettere in crisi il sistema sanitario, che ha una capacità limitata di creare posti di terapia intensiva, più che altro per via della difficoltà di reperire un numero sufficiente di persone specializzate necessarie a garantirne la funzionalità e l’efficienza. Il covid, infatti, non è il cancro: può aumentare o diminuire velocemente il suo impatto sul sistema sanitario a seconda di quanto si fa nell’immediato per combatterlo. Coloro che dicono che i no vax sono come i fumatori (o i grandi mangiatori o bevitori) che a loro volta finiscono all’ospedale per una loro scelta, e che per questo andrebbero ostracizzati come succede ai primi, non tengono conto di tale, fondamentale differenza (detto ciò, per chi scrive anche chi non segue pratiche salutari note per non diventare un fumatore, un obeso o un alcolizzato andrebbe meglio raggiunto e informato già dai tempi della scuola, a prescindere dai costi economici e sociali che comportano quando si ammalano).
Come non tengono conto del fatto che riempire di terapie intensive i malati di covid non vaccinati impedisce agli altri, compresi quelli che finiscono in ospedale per altre malattie, di essere curati, o di esserlo al meglio. Ho avuto infatti la sensazione che molti dei malati urgenti cardiopatici e oncologici abbiano sofferto in modo particolare di terapie intensive intasate. Dopodiché ci si è già trovati, e si rischia di trovarsi ancora nella condizione di dover scegliere chi curare prima, tra due malati gravi finiti in terapia intensiva, e davvero la precondizione di essere vaccinati rischia di fare da (sgradito) spartiacque. Vorrei far notare che delle scelte vengono già compiute in situazione d’emergenza, sono fatte da sempre negli ospedali. Uno studio di alcuni anni fa mostrava che se due persone giungevano al pronto soccorso, a pari gravità si decideva di curare prima il più giovane. A questo punto bisogna chiedersi come si faccia a stabilire che si possa parlare di pari gravità nei due soggetti, e se il giovane veniva curato solo perché aveva più possibilità di sopravvivere, oppure perché, se davvero la gravità era pari ed era misurabile, si considerava portatore di maggiori diritti alla sopravvivenza sulla base di un mero calcolo quantitativo di anni di vita, poco importando, che so, il criterio di genere, economico, sociale, culturale, intellettuale, estetico, etc. E poco importando – verrebbe da pensare a questo punto, se tale criterio venisse ancora applicato in tempo di covid – se uno sia vaccinato oppure no: con questo generando l’assurdo, in contraddizione con il principio della preferenza per i pro vax, che un giovane non vaccinato sia curato a discapito di un soggetto fragile o fragilissimo vaccinato, avendo più possibilità di sopravvivere.
Ma poniamo che non sia così. Poniamo cioè che oggi si possa dire, anzi stabilire, che tra i due, vaccinato e non, vada curato prima il vaccinato senza se e senza ma, a prescindere da tutto il resto, ma in quali situazioni? Voglio dire, e se il malato non vaccinato fosse lì per motivi che nulla hanno a che vedere col covid? Anche un non vaccinato sano o asintomatico rispetto al covid infatti può subire un infarto. E se si mettesse la regola che il non vaccinato vada sì curato in un ospedale, quale che sia la sua malattia, ma a sue spese, cosa rimarrebbe, potendo lui affrontare una simile imposizione, come spartiacque? Che solo i non vaccinati ricchi possono entrare negli ospedali? Se invece venissero curati gratuitamente soltanto i non vaccinati asintomatici, in ospedale per altri problemi, lo spartiacque sarebbe il caso, soprattutto sotto una certa età.
E’ vero che i poveri possono evitare problemi andando a vaccinarsi, ma se non farlo è un diritto perché renderlo per loro più problematico di chi povero non è? Il povero può entrare in terapia intensiva e poi pagare piano piano, per carità, ma chi non è in grado di pagare nulla come farebbe? Dovrebbe accettare di morire fuori dall’ospedale come è successo all’inizio della pandemia negli Stati Uniti (anche a dei minorenni per di più, colpevoli di non essere assicurati!)? Il problema è che sempre più il diritto di essere curati si intreccia con il dovere di non ammalarsi, e questo non soltanto quando si tratta di virus facili da trasmettere, ma in generale: e poiché in una comunità esistono gruppi a cui è delegato il potere di scegliere per tutti come comportarsi per il bene della collettività – ad un generale in guerra la strategia migliore per vincere una battaglia -, è il gruppo degli scienziati che decide se una cura vada bene oppure no. Si tratta di un patto sociale. Come un gruppo, l’esercito, è delegato dal popolo a detenere le armi per difenderlo da minacce esterne e, talvolta, interne, allo stesso modo un gruppo, quello degli scienziati, è delegato ad affrontare e vincere le malattie. E come l’esercito sarebbe passibile di alto tradimento se volgesse le armi contro il popolo che gliele ha concesse confidando nella buona fede dei suoi comandanti, allo stesso modo il gruppo degli scienziati andrebbe processato per alto tradimento se creasse prodotti fatti per nuocere all’uomo.
E’ vero che è molto più facile misurare i comportamenti dei generali rispetto a quelli degli scienziati stando a questo livello di paragone (un carro armato per la strada è molto più facile da capire di un componente teoricamente pericoloso di un vaccino), perché ad essere precisi bisognerebbe farne un altro per renderlo davvero calzante. Voglio dire: accusare gli scienziati di aver creato un vaccino pericoloso sarebbe come accusare i generali di aver acquistato, o fatto acquistare, delle armi che non erano affatto le migliori sul mercato, anzi. Armi che se messe alla prova potrebbero dimostrarsi inadeguate rispetto a quelle del nemico, che quindi potrebbe invaderci. Ma nessuno, che io sappia, lo fa: e se lo fa a nessuno importa. E questo perché mentre la guerra rimane qualcosa di lontano, che non ci interessa, quello col virus è un conflitto che stiamo già combattendo, e combattendo non solo sulla nostra pelle, ma dentro, nel nostro organismo. Quindi è qualcosa che riguarda l’hic et nunc, con tutte le conseguenza del caso. Ma se questa è una guerra bisogna combatterla seriamente, non con le storielle. Altrimenti sarebbe come se, nella guerra che tutti capiamo, quella coi carri armati, qualcuno dicesse e diffondesse via web di sapere che il nemico attaccherà da sud mentre non è vero, complicando un quadro già complesso, e questo non certo nell’interesse della sicurezza della sua comunità. Chi non ha capito che nell’hic et nunc bisogna avere un quadro il più chiaro possibile non ha compreso che quella che si sta combattendo è davvero una guerra: o non l’ha capito o, mi si permetta la schiettezza, è un traditore della sua comunità.
Coloro che dicono che i no vax non devono essere privati della possibilità di usare i mezzi pubblici devono ricordare che per usarli occorre affrontare un costo: quello di pagare un biglietto in situazione di normalità, quello di avere anche un vaccino in corpo in una situazione che normale non è. Le regole vengono fatte sulla base delle scelte della comunità, che sono volte a migliorare le condizioni generali, cosa che non succede, statisticamente parlando, seguendo la politica dei no vax. Non bisogna dimenticare, infatti, che ad oggi i no vax sono il 10 per cento della popolazione mentre costituiscono oltre il 70% dei soggetti che finiscono in terapia intensiva: dato ancora più tragico se si tiene conto – punto importantissimo, da sottolineare – che la maggior parte dei soggetti fragili e fragilissimi non sono no vax. Certo, rimane il fatto che, se è vero che molta parte dei servizi pubblici sono pagati anche con le tasse generali, e i biglietti per accedervi costituiscono solo una parte degli introiti per garantirli, allora anche i no vax andrebbero tutelati rispetto al loro bisogno di accedervi (a patto di non rendere obbligatoria la vaccinazione, come di fatto sta già succedendo per le fasce superiori ai 50 anni). In questo senso, garantire una parte separata dei mezzi pubblici magari con pareti in plexiglass, o con navette apposite, potrebbe essere una soluzione, salvo il rispetto, nel primo caso, di tutte le norme di sicurezza (e non è affatto detto che la soluzione da me suggerita lo consenta: soluzione che peraltro saprebbe un po’ di apartheid, me ne rendo conto, ma solo da un punto di vista formale, sia chiaro)
Vorrei precisare che chi scrive non è affatto certo che i vaccini anti covid, come altri medicinali, non siano capaci di determinare effetti negativi sulla media e lunga distanza, almeno su alcuni soggetti. La scienza, infatti, non è veritativa, è ipotetica per definizione, come ipotetica è l’idea che i vaccini siano sicuri, e questo anche dopo 150 anni di utilizzo (sia chiaro). Non siamo infatti ancora arrivati ad una scienza olistica, quella che è in grado di capire cioè se un battito di farfalla a Shangai possa o no determinare un tifone a Cuba (o un vaccino preso a 10 anni un tumore maligno a 50 in certi soggetti). Non lo siamo ancora, se mai ci arriveremo. Non ci sono arrivati gli scienziati – presupponendo che siano in buona fede, come ho detto prima, e come io credo – ma neppure i nemici dei vaccini, immagino. Altrimenti portino dati seri sulle conseguenze negative di questi prodotti, a parte quelli già segnalati dalla scienza (che, ebbene sì, fa autocritica), oltre a quelli sulla malafede dei ricercatori, e, ovviamente, dei politici. Perché molti attaccano i vaccini passando dalla politica, e dalla sua natura sinistra: peccato che i virus non li studino né Draghi, né Macron, né Biden, e non sono neppure loro a fare i vaccini. E’ troppo facile – e meschino – attaccare i vaccini sfruttando simpatie o antipatie politiche.E’ anche vero che tale condizione di precarietà è una cifra dell’esistenza umana, e non solo rispetto alla salute fisica: quella dell’uomo, che non conosce (per fortuna?) il suo futuro, è una scommessa continua, e voler avere certezze solo nel caso dei vaccini mi sembra, come dire?, poco comprensibile nel quadro generale che contraddistingue l’uomo, la sua natura e, quindi, la sua esistenza.
Ma se ci fermiamo all’hic et nunc, e al criterio della funzionalità immediata che il vaccino garantisce, allora l’utilizzo dei vaccini ha un senso. Sfugge invece quanto i no vax dicono di difendere, dato che sembrano credere, proprio loro, ad una scienza, o conoscenza, certa che non esiste. Secondo (molti di) loro, infatti, i vecchi vaccini funzionano e sono sicuri mentre i nuovi no, cosa falsa dato che funzionano entrambi considerate le statistiche legate ai numeri delle vaccinazioni. Il bugiardino del vaccino anti covid19 parlava di fine sperimentazione nel 2023 non perché occorresse aspettare tutto quel tempo per osservare le eventuali reazioni avverse, ma perché era quello previsto per somministrare un numero sufficiente di vaccinazioni per ottenere un quadro completo della situazione, non potendosi prevedere l’impennata del numero dei vaccinati che ci sarebbe stata: del resto, ripeto io, i possibili effetti collaterali possono spuntare fuori in qualsiasi momento, sia per i nuovi che per i vecchi vaccini, non esistendo una scienza certa.
Diverso è il discorso di coloro che non prendono, che non hanno mai preso medicine perché non credono nella scienza, ma ritengo siano una minoranza risicatissima; e, del resto, perché le loro idee dovrebbero avere lo stesso valore di quella degli scienziati? In realtà non ce l’hanno, e anzi ce ne hanno di meno anche solo per una questione di patto sociale, come ho cercato di spiegare prima, altrimenti scelgano di porsi al di fuori della comunità di cui non condividono (più?) le regole.
Una bella casetta con orticello sulle montagne costa poco, soprattutto oggi, in tempo di covid.
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