Perché i Soloni pro potenza russa hanno sbagliato tutto?

Dall’inizio della guerra alcuni Soloni, che continuano a pontificare in tv, ci hanno spiegato perché Mosca avrebbe “sventrato” Kiev.

In realtà, le cose  non sono andate proprio così. Di conseguenza, questi Soloni, tanto richiesti dalle tv per motivi che sfuggono a chi scrive, hanno mostrato la propria inadeguatezza a capire le cose.

Del resto, docenti di materie che c’entrano poco col conflitto, piuttosto che ex conduttori tv, sembrano improbabili esperti di guerre convenzionali, e di faccende russe e ucraine. 

La Russia ha potuto fare la voce grossa con l’orda di barbari sanguinari dell’Isis, o con le poche truppe mal armate di Kiev in Donbass nel 2014, o, ancora, contro le esigue forze della Georgia, per quanto ben fornite di mezzi occidentali.

Quando si è trattato  di affrontare la prova del nove a proposito del suo status di superpotenza militare, la Russia ha fallito. Miseramente fallito. 

L’Occidente, memore delle difficoltà nel Donbass degli ucraini, ha deciso di fornire formazione e mezzi a Kiev. E non solo negli ultimi mesi, ma ben prima del conflitto; tanto è vero che Mosca non è riuscita a conquistare Kiev all’inizio della guerra, negli immediati giorni dell’aggressione.

I Soloni vari non erano riusciti a comprendere che un aiuto sempre più consistente della macchina produttiva dell’Occidente ad un esercito numeroso e assai motivato avrebbe creato seri problemi ad una nazione corrotta sino al midollo in ogni settore come la Russia di Putin, compreso l’esercito. 

Ed insomma, tali Soloni non hanno capito che, nonostante la grande tradizione militare di stampo sovietico, il Cremlino è riuscito a far marcire dall’interno la grande armata di cui si parlava, e si sta ancora parlando a vanvera nonostante la sua lunga sfilza di brutte figure planetarie. 

Certo, Putin potrà inviare altri uomini sul fronte. Ma se la macchina da guerra russa continuerà a mostrare enormi limiti nell’equipaggiamento, nella formazione e nella disciplina dei soldati, nonché nella loro motivazione a combattere, difficilmente potrà cambiare le sorti della guerra.

Ed insomma, i Soloni avevano sopravvalutato la capacità della Russia di vincere perché non avevano compreso lo stato penoso di un esercito enorme, sì, ma figlio di un sistema corrotto e mafioso, dominato dalla legge della prevaricazione. 

Eppure, bastava leggere i testi della Politovskaja per prevedere la mediocre efficacia militare russa alla prova dei fatti. 

Il punto è che tale banale constatazione, un esercito in balia di una logica mafiosa,  avrebbe condotto i Soloni, e i loro numerosi ascoltatori/lettori entusiasti, dritti dritti al cuore del problema, ossia al tanfo che fuoriesce dal Cremlino, la tana di Putin. Avrebbe condotto, cioè, a mettere sotto la lente d’ingrandimento il Presidente russo, l’unico, vero responsabile del declino della Federazione. Altro che Occidente e America.

Infatti, dispiace dirlo, ma gli Stati Uniti, con tutti i loro innegabili limiti di cui io stesso ho scritto nel passato, al punto da definirli più volte una “dermocrazia” (una società, cioè, fondata per secoli sul colore della pelle) e non una democrazia, non possono diventare il capro espiatorio degli errori imperdonabili in politica interna ed estera del capo banda Putin. 

Guai però a dirlo a coloro che hanno sempre voluto puntare il dito contro il bersaglio grosso per definizione, gli Usa appunto. 

Infatti, se prevedere la mediocrità dell’esercito russo avrebbe significato riconoscere il disastro del regime putiniano, era meglio cambiare argomento. 

Perché, ahimé, è questo il punto.

Del resto, per questi stessi Soloni il regime di Putin non era poi così disastroso. 

Infatti, questa è la verità, il segreto inconfessabile di molti di loro. E cioè, il desiderio di sostenere de facto Putin in chiave antioccidentale anche per quanto faceva (di male) in Russia. Tali signori, in effetti, amavano troppo assistere allo spettacolo di un Putin che puntava il dito contro l’Occidente ed enumerava i suoi innumerevoli errori per mettersi a giudicare il Capo del Cremlino. Orfani dell’Urss e della cultura comunista (mal) rappresentata da Mosca, i Soloni in questione amavano vedere attaccato il colpevole numero uno del crollo dell’Unione Sovietica. Tanto più da quando si erano accorti che il loro nuovo eroe, Putin, non si nascondeva dietro un dito, e diceva di considerare il crollo dell’Urss “un disastro” e i suoi artefici, Gorbaciov e Eltsin, dei pupazzi dell’Occidente.

Ma è qui che i suddetti amici occidentali della Russia hanno sbagliato grossolanamente. Infatti, Putin non è oggi, e non è mai stato nel passato, la persona giusta per fare la morale all’Occidente, 

né per criticare Eltsin, che come democratico superava Putin di tutta la testa. Del resto, ci voleva poco, sia dentro che fuor di metafora. 

Certo, anche per i Soloni in questione Putin aveva affossato la sua democrazia. Ma, poiché l’aveva resa più efficiente, magari sapeva di cosa parlava quando attaccava quella degli altri, che efficiente evidentemente non era. Non come quella russa, almeno. Ovviamente, una simile visione poggiava e poggia sul niente. Putin ha creato una democrazia fasulla e un sistema politico distruttivo per la Russia, ma i Soloni di turno questo non l’hanno mai capito. Mai. 

Del resto, alcuni di loro non hanno sempre sostenuto che l’Occidente è imperialista e razzista anche quando ritiene che la democrazia sia un sistema buono per tutti? In realtà, verrebbe da pensare esattamente il contrario, che sia razzista chi pensa che la democrazia liberale non sia un obiettivo per tutti, ossia alla portata di ogni popolo.  

Ed insomma, chi accusa l’Occidente di credere in una democrazia alla portata di ogni popolo lo carica di una colpa paradossale, se ci si pensa. Infatti, lo si attacca per qualcosa che lo rende migliore di quanto è. In effetti, molti occidentali, tra cui appunto alcuni dei Soloni in questione, non pensano affatto che la democrazia liberale sia adottabile da chiunque, mostrando in tal modo di covare quel razzismo per altri popoli di cui si cerca di non parlare. Viceversa, se se ne parlasse, sorgerebbe il paradosso di un Occidente che, rendendo la liberaldemocrazia un obiettivo reale per pochi, sembrerebbe un soggetto poco invidiabile. 

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